giovedì 11 gennaio 2018

Il confine tra molestia e corteggiamento,ma Catherine Deneuve ha torto


















Ti va un gelato da Fassi?

di Alessandro Gilioli

L'estate scorsa uno dei miei figli, raggiunta l'adolescenza, mi chiedeva qualche consiglio su come "provarci" con una ragazza. Cosa dirle, come fare capire il suo interessamento senza risultare sgradevole.

Banalmente, gli ho consigliato di iniziare dicendole: «Ti va dopo scuola di prendere un gelato con me da Fassi?», che è un po' il loro locale di riferimento in zona. «E se lei dice che non può?», mi ha fatto il ragazzo. «Tu proponiglielo un'altra volta, magari dopo una settimana. Poi basta». «Basta in che senso?», ha chiesto lui. «Basta nel senso che due inviti sono sufficienti. Se lei al secondo invito dice di no e non contropropone un'altra data, vuol dire che non è interessata. E tu non la inviti più. Semmai sarà lei, se cambiasse idea, a proportelo, E se non lo fa, è chiusa. Ok?».

Non so se sono sono stato troppo severo, troppo inibitorio. Ma a me non sembra affatto che la "zona grigia" di cui si parla molto in questi giorni - cioè la presunta area "incerta" tra corteggiamento e molestia - sia poi così grigia, così incerta.

Almeno, non lo era quando ero più giovane io, quando piaceva una ragazza a me. Mi sembravano molto chiare le modalità di emissione e di risposta dei "messaggi indiretti". Della progressività graduale tra un invito a un caffè e uno a pranzo, fino a quello per un cinema o una cena. Non mi era difficile capire il grado di disponibilità o interesse della persona che mi piaceva. E mi sembrava semplice anche l'evoluzione (reciproca) di questo ipotetico interesse: cioè il conoscersi un po' di più - oltre l'eventuale attrazione fisica - che avveniva appunto al caffè, al pranzo, alla passeggiata insieme per strada o al parco. Non mi era difficile interpretare (in un senso o nell'altro) le parole, il body language, il linguaggio in chiaro ma anche quello non verbale della persona che mi piaceva. E mi comportavo di conseguenza.

Non avendo più da tempo il problema o l'opportunità del corteggiamento, non so - onestamente - se oggi è ancora così. Cioè se i ragazzi e gli uomini in genere hanno gli strumenti psicologici ed emotivi per capire subito (o quasi subito) i feed back.

In merito ho però letto di recente molte analisi sulla "fragilità" e sulla "insicurezza" del maschio contemporaneo, sulla sua difficoltà ad accettare un'evoluzione del mondo (e soprattutto dell'altra metà del cielo) che avrebbe messo in crisi certezze predatorie ataviche e istintuali. E ho poi notato che queste certezze vengono riesumate e rivendicate da non pochi come giuste o quanto meno naturali e quindi inevitabili, facenti parte dell'identità maschile e pertanto non reprimibili - e maledetto sia il "politicamente corretto".

Ho visto perfino scrivere - da ottime persone - che «cercare di farsela dare è biologia maschile. E punto». Come se gli esseri umani fossero soltanto tronco encefalico - cioè istinto - e non avessimo faticosamente elaborato nei millenni un'altra parte della zucca in cui abbiamo a poco a poco inserito il ragionamento, l'etica, l'empatia, le relazioni sociali, quindi anche le inibizioni laddove queste servono a rispettare l'altro, a vivere in società civile anziché nella giungla dove vince il più forte. Certo che "farsela dare" è un istinto: ma sappiamo (spero) regolarlo con quello che ci dice la parte forse un po' più evoluta del nostro cervello. Quella in cui abitano appunto l'etica, il rispetto, l'empatia.

Ma il problema più grosso forse è che questa rivendicazione diffusa dell'istinto - e quindi dell'estensione dell'io, indifferente all'altro - è uno dei tratti caratterizzanti di questi anni e non riguarda solo il rapporto tra i generi. Ha ad esempio un emblema gigantesco e vivente in politica, con Donald Trump: io sono più forte, quindi posso inquinare il mondo perché mi fa comodo, esattamente come posso mettere le mani addosso a una donna perché mi va così. In Italia, è la stessa matrice vomitevole di molta stampa di destra, quella che ha in odio il "politicamente corretto" perché mette dei limiti di comportamento, di relazione, di rispetto. Perché è un freno all'estensione istintuale dell'io, una regolamentazione alla legge del più forte.

Insomma, oggi c'è una questione che parte dal confronto di genere ma che la trascende e tracima nella società nel suo complesso. E la questione riguarda il modo in cui ciascuno di noi si rapporta all'altro da sé. Se facendo prevalere Il tronco o la corteccia, l'istinto o l'etica, l'estensione dell'io o la coscienza dell'interconnessione tra tutte le persone e le cose, che implica la limitazione dell'io istintuale.

C'è una linea, una cesura tra queste due scelte. Sono contrapposte tra loro. Dal punto di vista del comportamento, dell'etica e della politica. E valgono nei rapporti tra generi esattamente come in ogni altra occasione in cui ci rapportiamo con l'altro da noi.

Cioè sempre, se non siamo eremiti.

DALL'ESPRESSO BLOG - PIOVONO RANE

Al contrario di ciò che afferma la Denueve il corteggiamento è lecito,ci mancherebbe,ma senza esagerare stile polipo sfiancante, se poi si aggiunge anche un certo potere sulla "preda",direi che andiamo ben oltre al naturale approccio.
Da che mondo e mondo,si può intuire dal primi momenti di conoscenza o in tempi più maturi,un certo feeling che si instaura,ma quando non ce n'è e s'insiste é automatico definirla molestia.

L'attrice francese per quanto franca e sincera,mi è apparsa un po' sportiva diciamo così,poiché si arriva abbastanza in fretta alla forzatura,come si é letto di qualche troglodita, "tanto andrà a finire che gli piace".

I.S.

iserentha@yahoo.it

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