sabato 8 aprile 2017

Ru486:Le solite ingerenze clericali










L'umanità non ha più voglia di soffrire

di Alessandro Gilioli

La diocesi di Roma ieri ha contestato il progetto dalla Regione Lazio che, assieme alla Toscana, si appresta a distribuire la pillola abortiva Ru486 senza necessità di ricovero. Il Vicariato chiede che le donne, se proprio vogliono abortire, vadano in ospedale. «Così non restano sole», è l'argomentazione della diocesi.

Viene il dubbio tuttavia, con rispetto, che il buon pensiero di sottrarre la donna alla solitudine sia un pochino un alibi, una scusa, una balla. Il dubbio che imponendo loro il ricovero la diocesi voglia solo ostacolarle. Anzi, farle soffrire almeno un po'.

Ha questo problema pesantuccio, la Chiesa cattolica oggi (e non solo quella cattolica, s'intende). Ha il problema della sofferenza. Che tradizionalmente vede non come un male da ridurre e da estirpare in questa vita, ma come un'esperienza necessaria, utile, preziosa - tanto poi la beatitudine arriverà nel regno dei Cieli.

È il senso salvifico della sofferenza, la sua forza di redenzione.

Non la faccio lunga, la questione è nota, ma per capirci è un'impostazione culturale che si ha già in Paolo di Tarso («Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, in favore del suo corpo che è la Chiesa»), poi passa attraverso la mortificazione del corpo come «abominevole rivestimento dell'anima» (Gregorio Magno, che pure era un tipo simpatico ma di salute fisica non stava mai bene) e le famose invocazioni di Jacopone da Todi («O Segnor per cortesia mandame la malsania"). Il tutto per arrivare ai giorni nostri, alla Lettera apostolica "Salvifici Doloris" di papa Wojtyla e all'Enciclica "Spe Salvi" del suo successore Ratzinger: «Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l'uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare. Là dove gli uomini, nel tentativo di evitare ogni sofferenza, cercano di sottrarsi a tutto ciò che potrebbe significare patimento (...) scivolano in una vita vuota, nella quale forse non esiste quasi più il dolore, ma si ha tanto maggiormente l'oscura sensazione della mancanza di senso».

Mah.

Voglio dire: massimo rispetto per una visione dell'esistenza basata sulla sofferenza come strumento di crescita e interiore e di redenzione.

Ma non sono sicuro che, dopo millenni di dolore, l'umanità sia più tanto d'accordo. Non sono sicuro che l'umanità abbia ancora così tanta voglia di attraversare la propria vita passando di afflizione in afflizione.

Anche perché è sempre più diffusa l'idea che questa, di vita, sia l'unica che abbiamo. Che non ce ne sarà un'altra dopo. E che quindi abbiamo diritto a viverla il più possibile felici.

Azzarderei l'ipotesi, dal bassissimo della mia scarsa cultura religiosa, che sia questa stanchezza verso la sofferenza - basta, ne abbiamo subita fin troppa - il vero motivo della secolarizzazione di buona parte del mondo, del progressivo allontanarsi degli esseri umani dai monoteismi e dalle loro Chiese.

Forse, uscita dal proprio stadio di incoscienza e di infantile pensiero magico, l'umanità oggi ha voglia di far fuori - il più possibile - la sofferenza a cui è stata tanto a lungo incatenata. E personalmente devo ammettere che tra le diverse religioni rimaste in giro, considero un po' più decentemente adatte al futuro dell'umanità quelle che la sofferenza in questa vita la combattono, anziché augurarsela.

A proposito, ricordate il finale delle "Particelle elementari" di Houellebecq? Quando le scoperte di Djerzinski e Hubczejak emancipano l'umanità dalla sofferenza, quasi nessuna religione accetta questa epocale metabasi del genere a cui apparteniamo. Ci vogliono decenni, forse secoli, affinché si arrendano. Poi, quelle che più si erano opposte si estinguono lentamente.

Perché - sorry - l'umanità non ha più voglia di soffrire.

DALL'ESPRESSO BLOG - PIOVONO RANE

Da una parte il clero vorrebbe che le interruzioni di gravidanza si esercitino negli ospedali,peccato che in molti di questi,ci siano più obiettori rispetto a chi svolge gli aborti.

Che si mettano d'accordo,parlino di contraccezione e preservativi anche negli oratori,svolgano l'importante compito di diffusione a rapporti sessuali consapevoli,altrimenti il loro bla,bla,all'adinolfi pensiero è ipocrita e fuori dal mondo.

Chissà se i pochi ingombranti bigottoni italici si rendono conto d'essere ormai lontani dai tempi del super potere papale,loro si comportino come meglio credono,cercando di predicare bene e di non razzolare male,poichè sappiamo quanto diffusamente sono peccatori....e in alcuni casi della peggior specie.

I.S.

iserenths@yahoo.it

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