mercoledì 5 aprile 2017

Il patto del nazareno rispolverato all'infinito nel brand degli stracci

















Brand in crisi: dopo le morose di Silvio, i morosi di Forza Italia

di Alessandro Robecchi

Dopo tante morose (di Silvio), è il momento dei morosi (di Forza Italia). Ne parlerò con un certo pudore, perché le aziende che vanno male intristiscono sempre, si pensa ai dipendenti, ai loro figliuoli, alle ristrettezze di tante famiglie, insomma è brutto quando un’impresa economica cola a picco. Una parte del grosso debito dell’azienda è rappresentato dai morosi. Quelli che devono ancora i soldi per la candidatura del 2013 (un posto in lista costava 25.000 euro), quelli che non pagano il contributo, deputati, senatori, consiglieri comunali che devono sganciare chi cinquecento euro, chi ottocento, mille per l’adesione, più molti arretrati, fino a certi casi di insolvenza gravissima che arrivano a 60.000 euro. I fulmini del tesoriere Alfredo Messina sono arrivati, la minaccia è che chi non paga non potrà più avere cariche elettive nel partito e non verrà ricandidato.

Si immaginano dunque scene degne di Miseria e nobiltà: Silvio in redingote che va a riscuotere la pigione nei miseri appartamenti di deputati e senatori di Forza Italia e quelli che si fingono malati, indigenti, mostrano le scarpe sfondate, i volti emaciati dei bambini. Insomma Dickens con dentro Totò. Viene da pensare che non vogliano pagare, ‘sti morosi, perché il privilegio di far parte di quel grande partito che sognava la “rivoluzione liberale” (che imbarazzo…) non sembra più ’sto grande privilegio. Se i soffitti si crepano e la muffa avanza, perché continuare a pagare l’affitto? Ha una sua logica.

Del resto, la storia dell’azienda Forza Italia pare un caso di scuola. Il brand era molto forte sul mercato, ai tempi del suo boom si canticchiavano le sue canzoncine pubblicitarie, i testimonial erano di primo livello nazionalpopolare e l’amministratore delegato sembrava un sovrano (retro)illuminato capace di trasformare il ferro in oro. Ora, il marchio sembra polveroso, vintage, si parla di Forza Italia come del mangianastri o del Moplen, cose passate che sì, fecero sognare, ma poi…

Si comincia a non essere più all’avanguardia, a sbagliare la comunicazione, a vendere sempre lo stesso prodotto; si finisce a stare in piedi perché si spera nell’aumento di capitale o per non licenziare i dirigenti. Il tutto mentre milioni di clienti scoprono che anche ai tempi d’oro il prodotto venduto e comprato in gran quantità non era ‘sta gran cosa, anzi, la solita fuffa liberista in versione “il sole in tasca”, “basta crederci” e “bisogna essere ottimisti”. Tutte cose che se la giocano alla pari, con la fuffa di oggi, solo che ora si chiamano hashtag. Forza Italia è dunque alle prese col un bel problemino: cerca di restare azienda anche senza un capo che decide tutto e pensa a tutto, e che non ha più intenzione di affrontare da solo nuovi aumenti di capitale, mentre i morosi fanno gli gnorri e gli arretrati aumentano.

Altri marchi famosi, come il Pd, attuano veloci ristrutturazioni: credono sia meglio un’azienda più piccola ma comandata a bacchetta dal suo amministratore delegato, che una grande azienda molto ramificata e complessa. La trasformazione del Pd nel Partito di Renzi è dunque un’altra fase nel mercato politico attuale: un caso di ristrutturazione dell’azienda in termini efficientisti, che assicuri al capo una guida decisa e personalistica. Si tenta di somigliare al più acerrimo concorrente, tipo quando Apple e Samsung si accusano a vicenda di rubarsi i brevetti, e mentre si tuona contro la struttura monarchica di Grillo, si lavora per imitarla, blog del Capo compreso. Nel mercato della politica italiana, quindi, c’è grande attenzione alle strutture, alle guerre di consigli di amministrazione e alla definizione delle linee di comando, e intanto il prodotto che si vende è un po’ sempre lo stesso, scadente, più mercato, meno diritti, mentre ci sarebbe un gran bisogno di un modello nuovo.

DALL'ESPRESSO BLOG - PIOVONO RANE

Essendo diventati polverosi entrambi,il vecchio per ovvie ragioni anagrafiche e l’altro dopo il 4 dicembre rimane alla guida del suo partito,ormai diventato in costante emorragia di voti,capirai che alternative ci sono…

Possono entrambi darsi man forte con un nazareno infinito,spartendosi gli stracci rimasti del paese nei prossimi anni.

Andrà a finire che i fantomatici cinesi,dopo il Milan chiameranno il toscano a Pechino per nuovi accordi,il popolo sovrano non farà come al solito una piega.

I.S.

iserentha@yahoo.it

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