sabato 10 settembre 2016

Il vicolo cieco dove ci farà sbattere la politica della comunità europea













Furia iconoclasta e amnesie dell'ex sinistra

di Alessandro Gilioli

A un certo punto, a oltre metà dell'intervista e una volta esaurito il tema del referendum costituzionale, il direttore di Repubblica passa alla crisi dell'Europa e il presidente emerito gli risponde esprimendo «forte preocccupazione ma senza cedere alla tentazione di toni catastrofici» parlando quindi di Brexit, populismi, euroscetticismi vari. Allora Calabresi gli chiede, ovviamente, "cosa si dovrebbe fare?" e a quel punto Napolitano risponde così:
nap

Non so se lo avete notato, ma a me ha colpito.

E - giuro, con tutta l'onestà intellettuale di cui sono capace - non per prevenzione o pregiudizio verso Napolitano, sulla cui presidenza ho peraltro un giudizio ambivalente.

Insomma, per farla breve: mi ha colpito che - in nessun modo, in nessun rigo, in nessuna parola, né rispondendo a quella domanda né alle altre - l'ex comunista Giorgio Napolitano abbia ritenuto di fare un accenno, seppur vago, alla questione sociale. Alle disuguaglianze crescenti. Alle élite economiche e finanziarie che, In Europa come negli Stati Uniti, si sono gradualmente mangiate robusti pezzi di democrazia ed enormi fette di ricchezza. Alla condizione di disagio e di solitudine degli ex ceti medi impoveriti. All'atomizzazione degli individui, alla frustrazione delle generazioni che non possono costruirsi un futuro come abbiamo fatto noi.

Niente, non una parola.

La ricetta per rispondere alla crisi dell'Europa è la «riaffermazione dell'autorità delle norme e delle istituzioni comuni». L'idea che queste autorità e che queste norme abbiano provocato un disastro, e quindi abbiano grossi margini di trasformazione e miglioramento, non sembra sfiorare i pensieri del presidente emerito. Né pare sfiorarlo l'idea che alla base di tutto (populismi e "furie iconoclaste", come le chiama lui) ci sia l'esigenza di superare un modello che ha fallito.

Immagino che Napolitano, uomo di solida cultura, abbia letto i libri di Piketty, Atkinson, Stiglitz, Reich, Bauman. Eppure, niente: gli sono scivolati come la visione di un telefilm ambientato su Marte.

Ma, ripeto, non ce l'ho in particolare con Napolitano. E non mi interessa la "character assassination" dell'ex inquilino del Quirinale.

Quello che credo sia interessante, invece, è Napolitano come metafora. Sì, come metafora di una sinistra del Novecento che - già bolscevica, poi eurocomunista, quindi socialista, poi ancora socialdemocratica e infine social/liberale - conclude la sua parabola nella totale amnesia verso la questione sociale.

E mi chiedo, inevitabilmente, se questa amnesia non abbia qualcosa a che fare proprio con la diffusione dei fenomeni che preoccupano Napolitano: populismi, politica della rabbia, furia iconoclasta.

Me lo chiedo, ma temo sia una domanda retorica.

DALL'ESPRESSO BLOG - PIOVONO RANE

L'ex Presidente fa parte del sistema,non è mai stato un rivoluzionario,da giovane non è stato fondamentalmente antifascista e per aver dato la benedizione all'invasione russa in Ungheria,con questa biografia non ci si può stupire se omette il grande problema che sta attanagliando l'intera Europa,a più di novant'anni con il suo passato non c'è da pretendere nulla.

In Francia e in Germania l'attuale potere sta scricchiolando,complici le differenze sociali e l'immigrazione,e se vanno avanti come se nulla fosse,infischiandosene della disoccupazione,del precariato,aggiungendo la corruzione e l'evasione fiscale,questi esclusivi problemi nostrani,le reazioni si stanno materializzando,e sono le peggiori che potevano nascere,ed è tutta colpa di questa comunità europea dedita quasi esclusivamente alle banche,alla finanza e le grandi opere di cui ne potevamo fare a meno,soprattutto di questi tempi.

A prescindere dal novantenne protagonista di questo post,è l'intero sistema che sta mandando in malora tutto quanto,sono talmente ottusi che sbatteremo tutti quanti nel vicolo cieco dove ci hanno guidato.

I.S.

iserentha@yahoo.it

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