martedì 9 agosto 2016

La democratura sempre più reale dopo l'occupazione Rai


















L'aria che respiriamo

di Alessandro Gilioli

Accade in Italia - nei giorni agostani di sole, vacanze e Olimpiadi - che un'autrice e conduttrice radiofonica della Rai spieghi su Facebook che quest'anno le hanno cambiato le regole di ingaggio: imponendole zero battute su Renzi, zero politica, zero imitazioni.

Accade che la Rai non possa credibilmente smentire il divieto, anche perché ne ha imprudentemente lasciato tracce. Insomma è tutto vero, oltre ogni possibile dubbio.

Accade il giorno dopo che questo fatto incontestato e incontestabile - il servizio pubblico che impone il divieto di satira sul capo del governo e sulla politica - sia ignorato dalla maggioranza dei media; e che un bene comune, un bene che dovrebbe essere trasversalmente prezioso per ogni schieramento - la libertà, il non asservimento del servizio pubblico al governante di turno - sia derubricato a questione di partito, se non di corrente.

Non so che cosa accadrebbe in Gran Bretagna se la stessa cosa accadesse a un comico della Bbc: ma non credo di mitizzare troppo la cultura anglosassone se ipotizzo che la questione sarebbe diventata in breve il tema politico dell'estate, e non per un giorno. Non credo di sbagliare nel credere che avrebbe acceso un dibattito ampio, coinvolgendo le maggiori testate, il Parlamento, lo stesso premier.

Da noi no. Da noi è il solito piccolo derby stanco, con l'aggravante canicolare. E altre miserie ancora: gli attacchi personali alla conduttrice, le irrisioni tipo "se c'è una dittatura andate a far la Resistenza in montagna invece di starvene al mare", la iattanza di chi ridicolizza la questione a fatto personale o di reddito e non vede - anzi finge di non vedere - il cuore del problema: il servizio pubblico che impone zero satira sul capo del governo, insomma il contrario di quanto avviene in ogni paese libero, dalla Francia agli Stati Uniti.

Del resto, anche sul caso di Bianca Berlinguer erano riusciti a far deragliare il dibattito, attaccando la direttrice che "voleva restare tale a vita come se fosse un diritto acquisito": quando invece, con ogni evidenza, il problema non era e non è la carriera giornalistica di Bianca Berlinguer, ma il fatto che una rete pubblica non abbastanza schierata con il governo e con il suo referendum sia stata modificata ai vertici per ottenere una rete pubblica più schierata con il governo e con il suo referendum.

Ieri, sulla questione Rai-Fornario, una delle questioni più discusse era la responsabilità o la non-responsabilità del premier. In altre parole, "Renzi non c'entra", hanno detto i suoi supporter più aggrappati ai vetri.

Il che è probabilmente vero, in senso tecnico: dubito anch'io che Renzi abbia personalmente imposto l'ukaze che ha censurato una trasmissioni radiofonica minore. È abbastanza intuibile.

Il problema è che ad averlo fatto sono stati dirigenti messi ai quei posti da Renzi (o anche lì da prima, ma rapidamente convertiti al vincitore). I quali a Renzi e al suo inner circle sono graditi. E da Renzi e dal suo inner circle sono premiati.

Ed è proprio così che si crea un clima, un'omologazione: servilismo da parte di chi ha ruoli dirigenziali nei media e apprezzamento del servilismo da parte del governo. Anzi, qualcosa di più del semplice apprezzamento: se un direttore di tg non omologato all'esecutivo viene fatto fuori, il messaggio a tutti gli altri dirigenti è chiaro. Su come devono comportarsi, cosa devono fare, chi devono imbrigliare.

Non c'è insomma nessun bisogno di ipotizzare un interessamento diretto di Renzi per vedere le responsabilità oggettive della politica nel divieto di satira sulla radio.

E queste responsabilità potrebbero venire meno solo con un intervento forte e pubblico dello stesso governo a difesa della libertà di satira. E con il contestuale allontanamento dei dirigenti di cui vengono accertate le respinsabilità nel caso in questione.

Solo un gesto così cambierebbe il clima, lo rovescerebbe. A favore della libertà anziché dell'omologazione, del servilismo, della censura o autocensura. Dubito molto che quel gesto arrivi. E mi dispiace, perché considero la libertà un bene più prezioso del derby pro o contro Renzi.

Ah, a proposito di clima.

Ieri con Francesca Fornario mi sono brevemente sentito al telefono, nel pieno del casino scoppiato dopo il suo post su Fb. Le ho suggerito di stare soprattutto attenta, in ogni intervento pubblico, a non fare la vittima, a non sembrare arrabbiata, a evitare ogni rischio di iperbole. A non parlare di "regime" e a usare con estrema parsimonia perfino la parola "censura". Perché poi ti sfottono, ti dicono che non sei in una cella turca ma al comodo di un appartamento a Roma, ironizzano sul fatto che non sei abbastanza povera per piangere.

Perché questo è il clima, oggi: blame the victim. Che poi è il modo migliore per deligittimare le critiche. Caricaturarle. Ridicolizzarle. Definire "furiosi", "estremisti" e (immancabilmente) "grillini" quelli che osano criticare: anche se lo fanno con il sorriso, o con il ragionamento, o semplicemente con la cronaca dei dati di realtà.

E anche questo è tema che meriterebbe una riflessione, se fossimo un Paese civile, Renzi o non Renzi.

L'aria che respiriamo, insomma: piú importante di qualsiasi maggioranza di governo.

DALL'ESPRESSO BLOG - PIOVONO RANE

Questo clima odioso da full immersion nella democratura che stiamo vivendo,a me pare sempre di più intollerabile,e sa cosa me ne può fregare se c'è il pestaggio mediatico su chicchessia non fa parte del coro tendente al bavoso verso un premier che non ha votato nessuno,perlomeno in cabina elettorale prendendosi la maggioranza dei voti.

Siamo usciti da un ventennio di caimano con gli yesmen che si sono adeguati al nuovo corso, e se gli elettori come sospetto si sono adeguati,e continueranno ad adeguarsi, come si dice da tempo "il tutto va bene madama la marchesa",sarà il nauseabondo ritornello di un'Italia irrecuperabile.

E aggiungerei "che glielo dice a fare",questo si merita

I.S.

iserentha@yahoo.it

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