giovedì 25 agosto 2016

Hollande,Merkel,Renzi:Come spacciare fuffa sull'Unione Europea

















Ventotene: un film con tanti effetti speciali, ma senza una trama

di Alessandro Robecchi

Come sempre, è una questione di aspettative. Se uno ti dice che ti regala un’industria dolciaria e poi si limita a offrirti un gelato, e spesso nemmeno quello, un pochino ti scappa la poesia. Così si diventa allergici alle narrazioni trionfanti e diventa difficile vedere tre leader sotto elezioni – ognuno coi suoi problemi, divergenti da quelli degli altri due – come i presidenti che “rilanciano” o addirittura “rifondano” l’Europa. Nientemeno. Ma sia, la scenografia è ben studiata, il mare, il vento, l’omaggio all’idea primigenia, i simboli, e una certa solennità da grande evento, molto telegenica. A leggere le cronache sembrerebbe che da lì, da Ventotene, sia ripartita l’Europa, un nuovo inizio, nuove prospettive, una nuova vita per tutti, hurrà.

Pur con qualche scetticismo che traspare dai commenti, sembra prevalere nei grandi media una gran voglia di crederci, più che alto per disperazione. E’ la solita ideoligizzazione del sogno. Cioè: non solo si costrusce una visione idilliaca, efficiente, potente, densa di belle promesse – un sogno, appunto – ma la si trasforma in una visione del mondo, e chi la contesta, o osa dubitarne, è iscritto all’ideologia contraria, negativa e “sconfittista”.

Ma insomma, là dove la grande idea di Spinelli, Colorni e Rossi era timidamente germogliata, si è vista un ostentazione di potenza, la portaerei, la stampa schierata, i marinai che fanno il saluto. Mancava solo lo striscione Mission accomplished, come quello Bush fece appendere sulla portaerei per dire che aveva vinto una guerra persa, e il quadretto era completo.

La distanza tra la narrazione di questa nuova Europa “che rinasce” e l’Europa reale, poi, è facilmente colmabile. Da Ventotene, una volta raggiunta Napoli e fatte due orette di macchina fino ai dintorni di Foggia, si possono visitare i campi degli schiavi, una cosa non proprio modernissima e progressiva, diciamo. Una mattinata di viaggio (dieci minuti in elicottero) dalla Nuova Europa all’Alabama degli anni Venti, per gradire, braccia da 4 euro e 50 a cassa (tre quintali di pomodori) e la percentuale da lasciare al caporale. E tutto quasi identico a quel che abbiamo letto nei romanzi sul blues, sul cotone, sui neri delle piantagioni. Roba americana, roba buonissima, compreso quel Furore di John Steinbeck (1939) che descriveva perfettamente, come fosse oggi, come lo sfruttamento approfitti della disperazione degli sfruttati e dei migranti per diventare schiavitù. Ecco: averceli qui “i neri delle piantagioni”, mentre quotidianamente si chiacchiera di “superpotenza culturale” e di “ruolo storico nel rilancio dell’Europa”, fa un po’ vergogna.

Si sa che la propaganda non è un’invenzione nuova, e va bene. Ma qualche legame con la realtà deve pur averlo, anche lontano, anche labile. Se invece si tratta di una rappresentazione totalmente parallela alla realtà, alternativa ad essa, addirittura contraria, si ottiene l’effetto opposto: una crisi di rigetto. E poi non c’è peggio dei deboli che gonfiano il petto e si atteggiano a campioni: la cosa appare abbastanza ridicola, se si pensa che i tre impettiti conducator schierati sulla nave da guerra hanno appena consegnato nelle mani di un tizio come Erdogan il rubinetto dell’immigrazione.

Insomma, bella Ventotene, la tomba di Spinelli, il sogno che va recuperato, eccetera eccetera, ma le immagini, volendo dire quello in modo un po’ eccessivo, finivano per dire il contrario: una prova di enorme debolezza, tutta scenografia e niente sceneggiatura, un filmone con gli effetti speciali ma senza trama, cioè sempre la stessa: noi chiederemo soldi e quelli ci diranno che ce li hanno già dati. Un po’ poco per la rifondazione dell’Europa, la fanfara, le bandiere al vento, la retorica e la voglia di grandeur. A un tiro di schioppo dalle bidonvilles degli schiavi.

DA ALESSANDROROBECCHI.IT

Il siparietto dei tre dell’apocalisse,che hanno rilanciato l’importanza del progetto europeo,il quale non ha nè capo,nè coda,una struttura senza fondamenta dove chi più,chi meno si è impoverito,a parte la Germania.

In ogni caso quei tre avrebbero potuto in questo fine settimana interpretare un nuovo episodio di “Ai confini della realtà”,la serie nata negli anni sessanta,meno affascinante delle storie datate di quel tempo,ma assolutamente in linea tra ciò che hanno dichiarato e ciò che è effettivamente la cruda realtà.

Mi pare che sia ancora prematuro,ma non ho visto in queste settimane di Brexit del Regno Unito,uno sfacelo del medesimo,mi sa che si sono accorti,sempre i tre,che se ognuno torna nelle proprie autonomie,molto probabilmente fa un affare,a parte la sciura tedesca,per il suo popolo va bene qualsiasi condizione,ma la finanza e le banche evidentemente hanno tutti gli interessi che il giochino continui.

I.S.

iserentha@yahoo.it

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